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LEE MILLER – LA MODELLA REPORTER DI GUERRA

di Aurora Licaj

Translation by the author


Lee Miller fotografata da Man Ray

La storia di Elizabeth "Lee" Miller (1907-1977) vede come protagonista una donna poliedrica, che ha vissuto diverse stagioni professionali: da modella per Vogue nel 1927 a musa ispiratrice di artisti come Man Ray, Picasso, il quale la ritrasse in sei dipinti, Roland Penrose, di cui fu la seconda moglie, e Jean Cocteau, al quale prestò la sua immagine per un film. E poi ancora ritrattista, reporter di guerra e persino cuoca.

La passione per la fotografia iniziò fin da tenera età, grazie al contributo del padre Theodore, che la ritraeva spesso nelle sue fotografie stereoscopiche e da cui imparò la tecnica.


Lee Miller, Theodore Miller fotografati da Man Ray

Fu scoperta nel 1926 da Condé Nast, editore di Vanity Fair e di Vogue, che le salvò la vita da un’auto che stava per investirla mentre camminava per strada a Manhattan. Da qui la sua carriera decollò, diventando una delle modelle più richieste dalle riviste di moda, ritratta dai più grandi fotografi del settore, da Edward Steichen a George Hoyningen-Huene o Arnold Genthe.


Lee Miller in un completo Mirande, foto di George Hoyningen-Huene

Ma il desiderio di volersi trovare lei stessa dietro l'obbiettivo e non sempre e solo davanti ad esso non si fermò con la carriera da modella. Per questo, nel 1929, decise di recarsi a Parigi per conoscere l’ammirato fotografo surrealista Man Ray, del quale divenne poi modella, collaboratrice, musa ispiratrice e amante. Entrò così in contatto con Picasso, Ernst Cocteau, Mirò e tutta la cerchia dei surrealisti. Gli anni parigini la videro impegnata come ritrattista e fotografa di moda, nonché autrice di suggestive immagini surrealiste. Con Ray mise a punto anche una tecnica fotografica, la solarizzazione, effetto che si verifica quando un negativo o una stampa vengono riesposti alla luce durante lo sviluppo: alcune zone del negativo (appunto quelle solarizzate) risultano, dopo lo sviluppo, positive. Miller utilizzò con successo la tecnica nella propria fotografia e, nonostante il suo iniziale coinvolgimento nella creazione di un processo funzionante e ripetibile, solo il nome di Man Ray venne associato alla solarizzazione.

Man Ray - Lee Miller, La Petite Mélancolie, Parigi, 1930

Lee Miller - Ritratto solarizzato di una donna, Parigi, 1930

Picasso e Lee Miller nello studio di Parigi, 1944

Dopo il ritorno a New York del 1932, delusa dall’ambiente parigino, allestì un proprio studio fotografico per ritratti e foto commerciali, con l’aiuto del fratello Erik. Si trasferì due anni dopo al Cairo al seguito del marito Aziz Eloui Bey, un ricco uomo d'affari egiziano. Qui si avvicinò alla fotografia di reportage, intraprendendo lunghi viaggi nel deserto, dove fotografò villaggi e rovine. Uno dei suoi scatti più famosi, “Ritratto di uno spazio”, ispirò Magritte a dipingere “Il bacio” (1938).


Lee Miller - Ritratto di uno spazio, 1937
René Magritte - Le Baiser, 1938

Che una donna così raffinata ed elegante potesse decidere di diventare reporter di guerra non poteva non creare stupore, ma al contempo dimostrava come dietro quel bel volto si nascondesse una forza d’animo e carattere che pochi potevano avere. Dopo essersi legata sentimentalmente all’artista surrealista Roland Penrose, ponendo così fine al primo matrimonio, lasciò definitivamente l'Egitto nel 1939 alla volta di Londra, dove, scoppiata la guerra, documentò i continui bombardamenti sulla città.

Nel 1944 prese l’incarico di corrispondente accreditata al seguito delle truppe americane e collaboratrice del fotografo David E. Scherman per le riviste “Life” e “Time”. Tra i fatti storici più importanti immortalati da Lee Miller si ricordano l'assedio di St. Malo, la liberazione di Parigi, la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald, che costituì la prima testimonianza dello sterminio perpetrato nei campi, e la scoperta degli appartamenti di Hitler a Monaco di Baviera, nella cui vasca da bagno si autoritrae.


Lee Miller nella vasca da bagno dell'appartamento di Hitler a Monaco, 30 aprile 1945
Lee Miller - Guardia delle SS nel canale di Dachau, Germania, 1945
Lee Miller - Prigionieri liberati in abito da prigione a strisce accanto ad un mucchio di ossa da corpi bruciati nel crematorio, KZ Buchenwald, 1945

Come scrive suo figlio nella biografia dedicata alla madre:


“La visione Surrealista di Lee era sempre presente. Inaspettatamente, tra il reportage, il fango, le pallottole, troviamo fotografie in cui l’irrealtà della guerra assume una bellezza quasi lirica. Riflettendoci realizzo che l’unico allenamento significativo per un corrispondente di guerra sia essere innanzitutto Surrealista – e allora nulla nella vita risulta troppo inusuale.”

Antony Penrose, The Legendary Lee Miller (1998)



Infatti, in questa visione Surrealista, la natura inquietante del soggetto o dell'oggetto è interpretata come esempio di bellezza convulsa o meravigliosa, se si considera come Miller abbia usato la composizione e la forma creativa per trasformare gli orrori della guerra in una rappresentazione artistica. I lavori da reporter mostrano inoltre la sua approfondita conoscenza ed esperienza di varie forme e lavori d’arte, oltre alle forme del Surrealismo, che utilizzò per creare distinte rappresentazioni della guerra combinando soggetti, composizioni, forme e testi. Essi possono definirsi anche “artefatti culturali”, mostrando come Lee fosse capace di produrre fotografie che fossero documenti sia storici che culturali della Seconda Guerra Mondiale.


Lo stress post traumatico riportato in seguito alla permanenza al fronte contribuì al suo lento ritirarsi dalla scena artistica. La sua carriera si concluse come madre, moglie e cuoca appassionata nella proprietà coniugale, la Farley Farm House nell'East Sussex, dove lasciò il suo prezioso patrimonio fotografico al figlio Antony Penrose, che ebbe la cura di conservarlo e renderlo pubblico, e che si può ammirare nel sito Lee Miller Archive: https://www.leemiller.co.uk/component/Main/17ToA3p1yfaBss9G2InA3w..a


Lee Miller mentre sbuccia il mais nel East Sussex, Inghilterra, 1960 ©Roland Penrose


 

LEE MILLER - THE WAR REPORTER MODEL



Man Ray Photography of Lee Miller

The story of Elizabeth "Lee" Miller (1907-1977) starts with a multifaceted woman who has lived several professional seasons: from model for Vogue in 1927 to muse of artists such as Man Ray, Picasso, who portrayed her in six paintings, Roland Penrose, of whom he was the second wife, and Jean Cocteau, to whom he lent her image for a film. And then again: portraitist, war reporter and even cook. The passion for photography began from an early age, thanks to the contribution of his father Theodore, who often portrayed her in his stereoscopic photographs and from whom she learned the technique.




She was discovered in 1926 by Condé Nast, editor of Vanity Fair and Vogue, who saved her life from a car that was about to hit her as she was walking down the street in Manhattan. From here on, her career took off and she quickly became one of the most requested models by fashion magazines, portrayed by the greatest photographers in the sector, from Edward Steichen to George Hoyningen-Huene or Arnold Genthe.


Lee Miller In A Mirande Suit poster by George Hoyningen-Huene

But the desire to find herself behind the camera and not only in front of it did not stop with the modelling career. For this reason, in 1929 she decided to go to Paris and meet the admired surrealist photographer Man Ray, of whom she later became model, collaborator, muse and lover. Thus, she later met Picasso, Ernst, Cocteau, Mirò and the whole circle of surrealists. The Parisian years saw her engaged as a portraitist and fashion photographer, as well as the author of suggestive surrealist images. With Ray she also developed a photographic technique called solarisation, an effect that occurs when a negative or a print is re-exposed to light during development: so that some areas of the negative (precisely the solarized ones) result positive after the development. Miller successfully used the technique in her photography and, despite her initial involvement in creating a functioning and repeatable process, only Man Ray's name was associated with solarization.


Man Ray - 1930, Lee Miller La Petite Mélancolie


Lee Miller - Solarised portrait of a woman, Paris, 1930

Picasso and Lee Miller in the Paris studio, 1944

After returning to New York in 1932, disappointed by the Parisian environment, she set up her own photographic studio for portraits and commercial photos, with the help of her brother Erik. Two years later she moved to Cairo following her husband Aziz Eloui Bey, a wealthy Egyptian businessman. Here she approached reportage photography, undertaking long journeys in the desert, where she photographed / took pictures of villages and ruins. One of her most famous shots, "Portrait of a Space", inspired Magritte to paint "The Kiss" (1938).


Lee Miller - Portrait of Space, 1937
René Magritte - Le Baiser, 1938

That such a refined and elegant woman could decide to become a war reporter could not but create wonder, at the same time it showed how behind that beautiful face there was a fortitude and temper that only few could have. After being romantically linked to the surrealist artist Roland Penrose, putting an end to her first marriage, she left Egypt for good in 1939 for London, where, after the war broke out, she documented the continuous bombing of the city.

In 1944 she took up the post of accredited correspondent following the American troops and became collaborator of the photographer David E. Scherman for the magazines "Life" and "Time". Among the most important historical facts immortalized by Lee Miller we can recall the siege of St. Malo, the liberation of Paris, the liberation of the concentration camps of Dachau and Buchenwald, which was the first evidence of the extermination perpetrated in the camps, and the discovery of Hitler's apartments in Munich, in whose bathtub she retracts herself.


Lee Miller in the bathtub of Hitler’s apartment in Munich, 30 April 1945
Lee Miller - SS Guard in the Dachau Canal, Germany, 1945
Lee Miller - Prisoners freed in striped prison dress next to a pile of bones from burned bodies in the crematorium, KZ Buchenwald, 1945

As his son writes in his mother's biography:


"Lee's Surrealist eye was always present. Unexpectedly, among the reportage, the mud, the bullets, we find photographs where the unreality of war assumes an almost lyrical beauty. On reflection I realise that the only meaningful training of a war correspondent is to first be a Surrealist - then nothing in life is too unusual."

Antony Penrose, The Legendary Lee Miller (1998)



Indeed, in this Surrealist view, the disturbing nature of the subject or object is interpreted as examples of convulsive beauty or the marvellous, when considering how Miller used creative composition and form to transform the subject into an artistic representation of the horrors of war.

The reporter's works also illustrate her in-depth knowledge and experience of various art forms and art works, besides Surrealism, knowledge that she employed to create distinctive representations of war combining subject, composition, form and text. Miller’s war works can also be evaluated as cultural artefacts, showing how she was able to create photographs that were both historical and cultural documents of the Second World War.


The post-traumatic stress following her stay at the front contributed to her slow retreat from the art scene. Her career ended as a mother, wife and passionate cook on the marital property, Farley Farmhouse in East Sussex, where she left her precious photographic heritage to her son Antony Penrose, who took care of preserving and making it public, so that it can be admired on the Lee Miller Archive site: https://www.leemiller.co.uk/component/Main/17ToA3p1yfaBss9G2InA3w..a

Lee Miller dehusking corn in East Sussex, England, 1960 ©Roland Penrose


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