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When Wagner was born in 1813, music had newly become the most astonishing, the most fascinating, the most miraculous art in the world. Mozart's Don Giovanni had made all musical Europe conscious of the enchantments of the modern orchestra and of the perfect adaptability of music to the subtlest needs of the dramatist. Beethoven had shown how those inarticulate mood-poems which surge through men who have, like himself, no exceptional command of words, can be written down in music as symphonies. Not that Mozart and Beethoven invented these applications of their art; but they were the first whose works made it clear that the dramatic and subjective powers of sound were enthralling enough to stand by themselves quite apart from the decorative musical structures of which they had hitherto been a mere feature. After the finales in Figaro and Don Giovanni, the possibility of the modern music drama lay bare. After the symphonies of Beethoven it was certain that the poetry that lies too deep for words does not lie too deep for music, and that the vicissitudes of the soul, from the roughest fun to the loftiest aspiration, can make symphonies without the aid of dance tunes. As much, perhaps, will be claimed for the preludes and fugues of Bach; but Bach's method was unattainable: his compositions were wonderful webs of exquisitely beautiful Gothic traceries in sound, quite beyond all ordinary human talent. Beethoven's far blunter craft was thoroughly popular and practicable: not to save his soul could he have drawn one long Gothic line in sound as Bach could, much less have woven several of them together with so apt a harmony that even when the composer is unmoved its progressions saturate themselves with the emotion which (as modern critics are a little apt to forget) springs as warmly from our delicately touched admiration as from our sympathies, and sometimes makes us give a composer credit for pathetic intentions which he does not entertain, just as a boy imagines a treasure of tenderness and noble wisdom in the beauty of a woman. Besides, Bach set comic dialogue to music exactly as he set the recitatives of the Passion, there being for him, apparently, only one recitative possible, and that the musically best. He reserved the expression of his merry mood for the regular set numbers in which he could make one of his wonderful contrapuntal traceries of pure ornament with the requisite gaiety of line and movement. Beethoven bowed to no ideal of beauty: he only sought the expression for his feeling. To him a joke was a joke; and if it sounded funny in music he was satisfied. Until the old habit of judging all music by its decorative symmetry had worn out, musicians were shocked by his symphonies, and, misunderstanding his integrity, openly questioned his sanity. But to those who were not looking for pretty new sound patterns, but were longing for the expression of their moods in music, he achieved revelation, because, being single in his aim to express his own moods, he anticipated with revolutionary courage and frankness all the moods of the rising generations of the nineteenth century.
The result was inevitable. In the nineteenth century it was no longer necessary to be a born pattern designer in sound to be a composer. One had but to be a dramatist or a poet completely susceptible to the dramatic and descriptive powers of sound. A race of literary and theatrical musicians appeared.(...)
Wagner was the literary musician par excellence. He could not, like Mozart and Beethoven, produce decorative tone structures independently of any dramatic or poetic subject matter, because, that craft being no longer necessary for his purpose, he did not cultivate it. As Shakespeare, compared with Tennyson, appears to have an exclusively dramatic talent, so exactly does Wagner compared with Mendelssohn. On the other hand, he had not to go to third rate literary hacks for "librettos" to set to music: he produced his own dramatic poems, thus giving dramatic integrity to opera, and making symphony articulate. A Beethoven symphony (except the articulate part of the ninth) expresses noble feeling, but not thought: it has moods, but no ideas. Wagner added thought and produced the music drama.
Mozart's loftiest opera, his Ring, so to speak, The Magic Flute, has a libretto which, though none the worse for seeming, like The Rhine Gold, the merest Christmas tomfoolery to shallow spectators, is the product of a talent immeasurably inferior to Mozart's own. The libretto of Don Giovanni is coarse and trivial: its transfiguration by Mozart's music may be a marvel; but nobody will venture to contend that such transfigurations, however seductive, can be as satisfactory as tone poetry or drama in which the musician and the poet are at the same level. Here, then, we have the simple secret of Wagner's preeminence as a dramatic musician. He wrote the poems as well as composed the music of his "stage festival plays," as he called them.
from The Perfect Wagnerite, The Nineteenth Century
Quando Wagner nasceva (1813) la musica era da poco divenuta la più portentosa, la più affascinante delle arti. Il Don Giovanni di Mozart aveva rivelato all'Europa musicale l'incanto dell'orchestra moderna e la perfetta adattabilità della musica alle più sottili esigenze dell'arte drammatica. Beethoven aveva mostrato come i poemi che cantano impetuosi entro l'anima agli esseri che, come lui, non hanno una padronanza speciale dell'arte della parola, si possono tradurre nella musica della sinfonia. Non già che Mozart e Beethoven inventassero queste forme d'arte; ma essi furono i primi a mostrare con le loro opere che la musica con la sua potenza drammatica e suggestiva era capace di conquistare le anime e vivere d'una vita propria, indipendente dalle strutture decorative, in cui fin qui non aveva figurato che come parte. Dopo i finali del Figaro e del Don Giovanni, la possibilità del dramma musicale moderno appariva evidente. Dopo le sinfonie di Beethoven era accertato che la poesia, troppo profonda per la parola, non lo è più per il suono, e che le alternative degli stati d'animo, dalla gioia più ingenua alle aspirazioni più alte, possono ispirare sinfonie senza l'aiuto di arie per danza. Qualcuno vorrà forse rivendicare questa priorità ai preludi e alle fughe di Bach. Ma il metodo di Bach era inaccessibile: le sue composizioni sono mirabili ricami di decorazioni geometriche squisitamente belle, superiori all'arte dei mortali. L'arte di Beethoven è meno eterea, più accessibile come composizione e come esecuzione. Per Beethoven sarebbe stato umanamente impossibile disegnare coi suoni una lunga linea gotica e molto meno intrecciarne insieme parecchie con un'armonia così spontanea che, anche quando il compositore è impassibile, la musica si satura dell'emozione nostra. La critica moderna dimentica forse un po' troppo questo coefficiente dell'emozione che erompe calda dall'ammirazione delicatamente solleticata e dalla simpatia di chi ascolta, e che qualche volta ci fa attribuire ad un compositore intenzioni patetiche che egli non aveva, così come un giovincello vede tesori di tenerezza, di nobiltà e di saggezza in un bel volto di donna.
E inoltre Bach musicò il dialogo comico esattamente al modo dei recitativi della Passione, non essendovi per lui, a quanto si vede, che un recitativo possibile: il migliore musicalmente. Egli riservava l'espressione dei suoi momenti di letizia per i pezzi nei quali regolarmente gli era possibile disegnare uno di quei suoi mirabili arabeschi contrappuntistici, con la voluta gaiezza di linea e di movimento. Beethoven non si inchinava a un ideale di forma; cercava un'espressione per i suoi sentimenti. Uno Scherzo, per lui, era uno scherzo: se in musica suonava allegro, egli era soddisfatto. Fino a che durò il vecchio abito di giudicare la musica dalla sua compostezza decorativa, le sinfonie di Beethoven scandalizzarono i competenti, i quali, fraintendendo la sua sincerità, lo prendevano senz'altro per per pazzo. Ma per coloro che non chiedevano alla musica dei graziosi disegni nuovi, ma aspettavano come il vangelo di un Messia una musica che dicesse loro quello che sentivano nell'anima, Beethoven fu una rivelazione; perché egli, primo e solo ad esprimere gli stati dell'animo suo, riuscì ad esprimere col suo coraggio e con la sua franchezza ribelle, le anime delle generazioni di tutto il secolo che nasceva.
Il risultato era inevitabile: nel secolo decimonono non fu più necessario, per essere compositore, essere un creatore nato di bei modelli decorativi. Bastò essere un drammaturgo od un poeta pienamente sensibile alla potenza drammatica e descrittiva del suono. E crebbe una razza di musicisti letterari e teatrali. (...)
Wagner fu il musicista letterario per eccellenza. Non sapeva produrre, come Mozart e Beethoven, costruzioni musicali decorative indipendentemente da un soggetto drammatico o poetico; perché quest'arte non era più necessaria al suo scopo; e quindi egli non la coltivò. Come Shakespeare, in confronto a Tennyson, appare un ingegno tutto drammatico, così appare Wagner in confronto a Mendelssohn. D'altronde egli non ebbe da ricorrere a poveri mestieranti per il “libretto” da musicare: produsse da sé i suoi poemi drammatici, dando così integrità drammatica all'opera, e introducendo la parola nella musica sinfonica. La sinfonia di Beethoven (eccetto il quarto tempo della Nona) esprime nobili sentimenti, ma non pensieri; stati d'animo, non idee. Wagner aggiunse alla musica l'elemento pensiero, e creò il dramma musicale.
La più sublime opera di Mozart, il suo Anello del Nibelungo, per così dire, è il Flauto magico: ha un libretto che somiglia tutto ad una delle solite pantomime di Natale. Questo non sarebbe un gran danno: ai cervelli vuoti, questa impressione la fa, come dramma, anche L'oro del Reno. Il male è che il libretto del Flauto magico è l'opera di un ingegno immensamente inferiore a quello di Mozart. Quello del Don Giovanni è di una volgarità grossolana: la sua trasfigurazione per effetto della musica di Mozart sarà una meraviglia; ma non si può sostenere che queste trasfigurazioni, anche se ci seducono, siano da preferire a un dramma musicale in cui musicista e poeta siano allo stesso livello. Ecco dunque il semplice segreto dell'eccellenza di Wagner come compositore drammatico. Per le sue “feste teatrali” scriveva lui il poema e componeva la musica.
da Il wagneriano perfetto, Il secolo decimonono
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