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SIMONE DE BEAUVOIR: UNA SCRITTRICE PROIETTATA VERSO IL FUTURO

IT/EN

di Giulia Bolzan

Translation by Aurora Licaj


Simone de Beauvoir, 1908 - 1986

Tra le opere più celebri della scrittrice parigina c’è senz’altro “Memorie di una ragazza per bene”, ma come sono solita fare, per comprendere a fondo uno scrittore o una scrittrice, inizio a leggere le sue opere secondarie, quelle considerate minori o semplicemente le meno note. In questo caso mi sono addentrata in primis nell’opera “Le inseparabili”, a cui è seguita la lettura de “Lo spirituale un tempo”. Il primo scritto è un diario, comparso postumo nel 2020, la cui curatrice, Sylvie Le Bon, erede testamentaria e figlia adottiva della Beauvoir, pare giustificare la pubblicazione tardiva affermando che «altri testi saggistici e necessità più importanti hanno avuto la precedenza». Quest’ultima affermazione sembra quasi confermare un mio recente pensiero in merito a quanto, a volte, l’approccio teorico, gli studi di genere e le considerazioni ideologiche sulla letteratura si stigmatizzino intorno ad un pensiero, un canone o un’aspettativa creata dai critici piuttosto che dai lettori appassionati. Nulla di male nel voler trovare un’immagine rappresentativa di un contenuto, un messaggio o uno stile in particolare e ritrarne le caratteristiche strutturali, tuttavia ritengo che se non si è disposti a cambiare opinione in merito a tutto ciò, allora non si è più buoni lettori.


Basandomi sul piacere, sul godimento dettato dalla lettura fine a sé stessa, ho trovato la spinta necessaria a procedere oltre con Simone de Beauvoir, affrontando la raccolta di brevi narrazioni incentrate su figure femminili ottocentesche nel secondo libro sopra libro citato. Da sempre questa filosofa e scrittrice viene considerata il simbolo del femminismo: traccia in effetti un profilo distinto e molto riconoscibile della società dell’epoca pur senza far trasparire giudizi soggettivi o intenti morali volti a delineare il ruolo della donna in quel tempo. In questo, lei è stata ai miei occhi molto più lungimirante di noi: consapevole che l’atto della scrittura è di fatto un artificio letterario, ha concentrato la sua attenzione sull’interiorità dei suoi personaggi, sul loro sentirsi parte di quel mondo e contemporaneamente avvertirlo distante, analogamente al periodo storico, alla società.


Come ci è riuscita? Tratteggiando gli ostacoli dell’uomo comune di fronte ad un destino avverso, ostile o semplicemente ignoto; intravvedendo nei momenti epifanici della sua stessa esistenza l’universalità nel particolare, nel singolo. L’autrice in questione, in realtà, ha messo divinamente su carta il complesso universo di pensiero e di azione delle donne, giovani e meno giovani, della sua epoca. Sono donne passionali, indipendenti e spesso dipendenti dalle figure maschili che amano, ragazze con ruoli prestabiliti i cui desideri vanno ben oltre quello che il mondo si aspetta da loro; sono personaggi senza tempo, sotto tutti questi punti di vista. Personaggi capaci di dichiarare: «Sono entrata in un caffè, mi sono accesa una sigaretta e ho capito che non avevo bisogno di nessuno che mi aiutasse a vivere» ma anche inserzioni esterne dell’autrice come «non si può di certo preferire impunemente l’eroismo e la bellezza al piacere […] rifiutando le facili felicità non si sarebbe resa degna delle gioie che sono la ricompensa delle anime grandi».


 


SIMONE DE BEAUVOIR: A FUTURE-ORIENTED WRITER


Among the most famous works of the Parisian writer there is certainly "Memoirs of a Dutiful Daughter", but as I usually do to fully understand writers, I begin to read their secondary works, those considered minor or simply less known. In this case I went into the work "The inseparable", which was followed by the reading of “When Things of the Spirit Come First”. The first work is a diary, which appeared posthumously in 2020, whose curator, Sylvie Le Bon, testate heir and adopted daughter of Beauvoir, seems to justify the late publication stating that «other essay and more important needs took precedence». This last statement almost seems to confirm my recent thought about how much, theoretical approach, gender studies and ideological considerations on literature can sometimes stigmatize around a thought, a canon or expectation created by critics rather than by passionate readers. Nothing wrong in wanting to find a representative image of a content, a particular message or style and so portray its structural characteristics, however, I think that if you are not willing to change your mind about all this, then you are no longer a good reader.


Based on pleasure, on enjoyment dictated by reading for reading’s sake, I found the necessary thrust to proceed further with Simone de Beauvoir, addressing the collection of short narratives focused on nineteenth-century female figures which form the second book above mentioned. This philosopher and writer has always been considered the symbol of feminism: in fact, she traces a distinct and very recognizable profile of the society of the time (without revealing subjective judgments or moral intentions) aimed at defining the role of women at that time. Therein she has been in my eyes much more far-sighted than we: aware that the act of writing is indeed a literary artifice, she focused her attention on the interiority of her characters, on the fact that they feel themselves as part of that world while feeling it as distant at the same time, just as it happens for the historical period and society.


How did she do that? Outlining the obstacles of the common man set against an adverse, hostile or simply unknown destiny; seeing the universality mirrored in the epiphanic moments of his particular and individual existence. The author has divinely put on paper the complex universe of thought and action of women, both young and old, of her time. They are passionate women, mostly independent but often dependent on the male figures they love, girls with predetermined roles whose desires go far beyond what the world expects from them; they are timeless characters, from all these perspectives. Characters who are able to declare: «I entered a coffee shop, I lit a cigarette and I realized that I didn’t need anyone to help me to live» but also external insertions of the author as «one can certainly not prefer with impunity heroism and beauty to pleasure [...] rejecting easy happiness would not be worthy of the joys that are the reward of great souls».

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