di Giulia Bolzan
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Ciò che noi conosciamo di Ulisse giunge prevalentemente dalla lettura di Omero e della sua Odissea. Episodi come l'incontro dell'eroe greco con Circe, la maga infatuatasi di lui, lo scontro con Polifemo, vinto attraverso l'astuzia e le tentazioni delle sirene, oggetto poi di analisi di Giorgio Padoan, in Il pio Enea, l'empio Ulisse, la figura di Calipso.
Queste avventure eroiche sono rimaste nel cuore del lettore, lo hanno incuriosito, affascinato, coinvolto anche attraverso la complessità di una figura mitologica che oramai è entrata nell'immaginario collettivo. Ulisse è stato concepito come un personaggio di grande coraggio, astuto e perciò in grado di superare diversi tipi di ostacoli incrociati durante i suoi viaggi, ma soprattutto, a mio parere, appare come un uomo libero. Mi spiego meglio. Ulisse sceglie per sé, decide il suo percorso, il suo scopo non è prestabilito come invece avviene per Enea, la cui pietas lo contraddistingue. Certo, Ulisse in quanto essere umano nulla può contro gli Dei - nel caso dantesco contro Dio - ma in diverse circostanze, nei suoi diversi incontri non consente a nessuno di fermarlo definitivamente, di trattenerlo; la sua mente, il suo bisogno di misurarsi continuamente con se stesso e il mondo (anche quello a lui ignoto) non ha confini o per essere più precisi, egli non desidera averli. Questo è, di fatto, anche l'Ulisse dantesco, in cui però la sua figura è da considerarsi legata ad un pensiero, un contesto medievale che inevitabilmente lo ha influenzato. Il poeta fiorentino, infatti, conosceva Ulisse e le sue imprese solo attraverso scritti e opere di altri autori. Tra questi sicuramente l'Eneide di Virgilio, come puntualizza Natalino Sapegno nella Storia della letteratura italiana (Garzanti) lasciando intendere che è molto probabile che Dante abbia attinto alle prime due cantiche attraverso la sintesi volgare dell'Eneide di Andrea Lancia, conservata in un manoscritto del 1316. É nel “Secondo Libro” che comunque si parla di Ulisse definendolo un scelerum inventor. Anche le Metamorfosi di Ovidio hanno offerto spunti in merito alle esperienze di uomini e paesi fatti da Ulisse ed è proprio qui che egli viene denominato hortator scelerum (XIII, 45). Va qui obbligatoriamente nominato Seneca, nelle Troades infatti Ulisse è oggetto di un'invettiva da parte di Andromaca che lo accusa di essere un “macchinatore di frode, artefice di delitti”; sarà poi nelle Epistole a Lucilio che Ulisse verrà descritto come un modello di virtù in quanto capace di resistere al fascino ammaliatore delle sirene. L'episodio delle sirene sembra ricorrere spesso, lo dimostra anche il fatto che persino Cicerone lo riporta nel De Officiis. Vale la pena sottolineare le differenze che emergono tra l'Iliade e l'Odissea nel trattare questa figura mitica. Nella prima delle due opere Ulisse è un uomo dotato di grande senno, della capacità di agire, è un guerriero valoroso prescelto dagli uomini e dagli dei per portare a termine incarichi importanti, ma essendo un poema corale, l'attenzione verso l'eroe è parziale in realtà, o, meglio, manca di un'analisi specifica. Nell'Odissea, essendo invece protagonista supremo dell'opera, viene descritto approfonditamente e per questo le sfumature del suo essere acquistano in rilevanza e sottigliezza. Ha infatti una prudente ingegnosità, un'audacia curiosa, un atteggiamento astuto che lo pone in grado di scontrarsi con chiunque, è dunque il “bello di fama e di sventura”.
Dal XVI secolo in cui al centro dell'attenzione era posta la sua vocazione transatlantica compatibilmente con le prime scoperte geografiche, fino al XIX secolo in cui le aspirazioni trasgressive di Ulisse lo hanno reso particolarmente affascinante agli occhi del lettore, questa emblematica figura ha sorpreso e incuriosito più menti illustri. Il personaggio di Ulisse nel corso della storia e della letteratura si è andato definendo, ma bisogna riflettere sul fatto che Dante ha avuto un ruolo fondamentale nel caricare di profondità e valore questa figura; simbolo di tutti quegli uomini che in quanto tali sentono il bisogno di conoscere, di sapere e di non accontentarsi della realtà con cui sono direttamente a contatto come del resto ha dimostrato Dante uomo, non “solo” poeta.
The figure of Ulysses in Dante’s Poem
What we know about Ulysses comes mainly from the reading of Homer and his Odyssey. Episodes such as the meeting of the Greek hero with Circe, the enchantress who became infatuated with him, the clash with Polyphemus, won through the cunning and temptations of the sirens, then the object of analysis by Giorgio Padoan, in Il pio Enea, the wicked Ulysses, the figure of Calypso.
These heroic adventures have remained in the reader's heart, they have intrigued him, fascinated him, also involved through the complexity of a mythological figure who has now entered the collective imagination. Ulysses was conceived as a character of great courage, astute and therefore able to overcome different types of obstacles crossed during his travels, but above all, in my opinion, he appears as a free man. I'll explain. Ulysses chooses for himself, decides his path, his purpose is not pre-established as it happens for Aeneas, whose pietas distinguishes him. Of course, Ulysses as a human being can do nothing against the Gods - in Dante's case against God - but in various circumstances, in his various encounters, he does not allow anyone to stop him definitively, to hold him back; his mind, his need to continuously measure himself and the world (even the one unknown to him) has no boundaries or to be more precise, he does not want to have them. This is, in fact, also Dante's Ulysses, in which however his figure is to be considered linked to a thought, a medieval context that inevitably influenced him. The Florentine poet, in fact, knew Ulysses and his exploits only through the writings and works of other authors. Among these certainly Virgil's Aeneid, as Natalino Sapegno points out in the History of Italian literature (Garzanti), suggesting that it is very likely that Dante drew on the first two canticles through the vulgar synthesis of Andrea Lancia's Aeneid, preserved in a manuscript. of 1316. However, it is in the "Second Book" that Ulysses is referred to as a Scelerum inventor. Ovid's Metamorphoses also offered insights into the experiences of men and villages made by Ulysses and it is precisely here that he is called hortator scelerum (XIII, 45). Seneca must be mentioned here, in fact, in The Troades Ulysses is the object of an invective by Andromache who accuses him of being a "fraudster, perpetrator of crimes"; it will then be in the Epistlesto Lucilius that Ulysses will be described as a model of virtue as capable of resisting the bewitching charm of sirens. The episode of the sirens seems to recur often, as is also shown by the fact that even Cicero reports it in the De Officiis. It is worth highlighting the differences that emerge between the Iliad and the Odyssey in dealing with this mythical figure. In the first of the two works Ulysses is a man gifted with great sense, the ability to act, he is a valiant warrior chosen by men and gods to carry out important tasks, but being a choral poem, the attention towards the hero is actually partial, or rather, it lacks a specific analysis. In the Odyssey, being the supreme protagonist of the work, he is described in depth and for this reason the nuances of his being acquire relevance and subtlety. In fact, he has a prudent ingenuity, a curious audacity, a shrewd attitude that puts him in a position to clash with anyone, he is therefore the "beauty of fame and misfortune".
From the sixteenth century in which his transatlantic vocation was at the center of attention compatibly with the first geographical discoveries, up to the nineteenth century in which the transgressive aspirations of Ulysses made him particularly fascinating in the eyes of the reader, this emblematic figure surprised and intrigued more illustrious minds. The character of this “hero” in the course of history and literature has been defining itself, but we must reflect on the fact that Dante played a fundamental role in adding depth and value to this figure; symbol of all those men who, as such, feel the need to know, to know and not to be satisfied with the reality with which they are directly in contact as Dante, a man, not "only" a poet, has shown.
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